Per fetta

Concetto

Ci sono vari modi in cui gli artisti cercano di spiegare la loro arte e trasmettere il suo messaggio, rendendola semplice per un maggiore divertimento o più complessa per una ragione diversa e più specifica.

Tra questi, ci sono anche quelli che decidono di non spiegare, ma di lasciare lavorare l'immaginazione e l'emozione: Mirko Gessaga è uno di questi, e lo fa con metodo e ironia.

Non parla, agisce; non crea, esplode; usa la materia e un movimento di tensione per produrre qualcosa che è frutto di una scelta (materiale, cromatica, dinamica) ma anche del caso - da non confondere con il caos.

Non c'è niente di giusto o sbagliato, non c'è niente che non possa essere fatto. Nelle sue opere, tutto è permesso e nulla è escluso. Sembra quasi voler dare spazio a innumerevoli mondi e pensieri kierkegaardiani possibili, creando una sensazione di sovraccarico di fronte all'infinito.

E di fronte all'infinito e a questa sensazione di perdita di controllo, cosa resta all'uomo oltre al fascino romantico? È la scelta - è ciò che lo definisce.

Ed è qui che entra in gioco il dialogo con lo spettatore, invitato dall'artista a ricreare un ordine in quel disordine che è stato volutamente creato e che, in realtà, è un invito a riconoscersi, a scegliere, a determinarsi.

Non è un caso che questa tecnica sia così impattante, e quasi violenta: l'esplosione del petardo (che serve a disperdere il colore) destabilizza, confonde, attira l'attenzione, ci riporta a qualcosa di terrificante e affascinante allo stesso tempo, qualcosa che ci scuote dall'interno e provoca una reazione innegabile che lo spettatore deve raccogliere in sé, con le proprie forze.

È un gioco in cui si è completamente immersi, pur sapendo di essere manipolati. Un fascino che va al di là della ragione, che unisce l'adulto con il bambino interiore, che tocca i sentimenti sopiti perché anche sapendo che non è reale non si può evitare di essere incantati.